COP23, la strategia contro il climate change

COP23, la strategia contro il climate change

La Conferenza sul clima dell’Onu, conclusasi a Bonn, rafforza gli impegni per l’entrata in vigore dell’Accordo di Parigi nel 2020. Abbattimento delle emissioni inquinanti, adozione di modelli sostenibili e policy comuni nella strategia di Enel.

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Più avanti, più velocemente e insieme. La linea d’azione di COP23, la Conferenza delle Parti per la Convenzione sul Cambiamento Climatico dell’Onu svoltasi a Bonn, in Germania, spinge verso un cambio di passo. Enel risponde con tre precisi obiettivi: essere alla guida dell’azione globale, perseguire una strategia sostenibile e puntare all’annullamento delle emissioni impattanti diminuendo sino a zero l’impronta di carbonio.

Il nostro Gruppo sta facendo la sua parte. Protagonisti di molti meeting ed eventi, anche a Bonn abbiamo offerto contributi sull’innovazione, sulle nuove opportunità della digitalizzazione e sul modo di uniformare le policy per la riduzione delle emissioni fossili, intervenendo insieme a rappresentanti di governo, scienziati, ambientalisti e delegazioni provenienti da 195 Paesi.  

Il termometro della Terra lancia segnali contrastanti. Oggi si hanno certamente risorse e tecnologie per adottare un modello di sviluppo sostenibile e in grado di contenere il riscaldamento terrestre al di sotto di 1.5 gradi, come previsto dall’Accordo di Parigi, ma la mentalità corrente fatica ancora a staccarsi dai modelli del passato. Che fare, dunque?

 

L’innovazione è un punto di vista

Al Renewable Energy Day, promosso a Bonn da IRENA (The International Renewable Energy Agency), i partecipanti hanno concordato sulla necessità di spingersi oltre i paradigmi attuali. Un approccio introdotto da Ernesto Ciorra, Chief Innovability Officer di Enel, che ha evidenziato l’importanza di non abbandonarsi all’abitudine di ragionare esclusivamente secondo gli stereotipi perché in questo modo la nostra mente finisce per ritenere impossibile ciò che dobbiamo considerare, invece, una sfida verso l’innovazione. Per questo diviene oggi essenziale progettare partendo da settori di specializzazione diversi, a fianco di chi proviene da altri ambiti e può quindi porre domande nuove a risposte vecchie. Un esempio è l’attività che svolgiamo negli Stati Uniti, dove siamo riusciti a coniugare l’energia geotermica con il solare fotovoltaico e il solare termodinamico attraverso l’impianto Stillwater nel Nevada. Altra dimostrazione è il primo impianto geotermico del Sud America costruito a Cerro Pabellón in Cile, a 4.500 metri sopra il livello del mare, in una zona considerata da tutti troppo estrema per le sue caratteristiche fisiche.

“La conoscenza genera paradigmi che impediscono di vedere le cose da un punto di vista differente, limitando il nostro potenziale d’innovazione. Per far fronte al cambiamento climatico, dobbiamo perciò imparare ad abbandonare i nostri paradigmi”

Ernesto Ciorra, Chief Innovability Officer di Enel

A COP23 sono state anche premiate 15 organizzazioni che offrono idee creative e innovative per risolvere la povertà energetica, promuovendo la sostenibilità in Europa. L’iniziativa “Social Innovation to Tackle Fuel Poverty”, lanciata a giugno da Ashoka e Fondazione Schneider Electric in partnership con Enel, ha raccolto oltre 40 domande di partecipazione. Un riscontro ampio, ottenuto grazie anche ad Open Innovability, la nostra piattaforma per il crowdsourcing di idee dedicate all’innovazione e alla sostenibilità. I vincitori sono risultati innovatori sociali provenienti da Germania, Grecia, Portogallo, Spagna e Italia. Quest’ultima è stata rappresentata da Giulia Detomati di InVentoLab, da Fabio Gerosa di Fratello Sole, da Alberto Gastaldo di Energia Positiva e da Marina Varvesi di Assist-Aisfor 

 

La digitalizzazione come fattore di rottura

L’innovazione non comporta solo ricadute sul nostro modo di pensare o sui rapidi sviluppi di nuove soluzioni tecnologiche, ma riconfigura anche i nostri modelli di business. La robotizzazione, l’Internet delle Cose, l’intelligenza artificiale e la realtà aumentata sono alla base di una nuova rivoluzione industriale, i cui effetti sono stati discussi nell’incontro “Industry 4.0 Future - Creating jobs, accelerating clean energy and enabling policies”. Per il nostro Gruppo è intervenuto Andrea Valcalda, Head of Sustainability di Enel, mettendo in evidenza l’impatto delle smart grid e della digitalizzazione nel settore elettrico. Fattori potenzialmente “di rottura” perché in grado di spingere verso un modello di business centrato più sul servizio che sul possesso. L’unione di tecnologie intelligenti ed energie rinnovabili, poi, consente di entrare con maggior facilità nei mercati in via di sviluppo: il recente avvio di un progetto in Etiopia per la costruzione dell’impianto fotovoltaico a Metehara, ad esempio, va proprio in questa direzione. L’impianto entrerà in esercizio nel 2019 e sarà in grado di generare circa 280 GW all’anno, evitando l'emissione in atmosfera di circa 296.000 tonnellate di CO2

“Le smart grid sono un esempio del processo di graduale fusione tra intelligenza umana e l’intelligenza della macchina, ma anche una tecnologia senza limiti di applicazione. Grazie alle energie rinnovabili, possono essere impiegate sia in contesti urbani evoluti, sia nei Paesi emergenti”

Andrea Valcalda, Head of Sustainability di Enel

 

Un’unica strategia per le Carbon Pricing Policies

Nonostante il mercato appaia sempre più interconnesso dal punto di vista tecnologico e della circolazione dei prodotti, gli strumenti normativi adottati dai singoli Paesi restano ancora troppo frammentati. La sfida maggiore, in questo senso, interessa le Carbon Pricing Policies, su cui la Fondazione Enel e l’Università di Harvard si sono confrontate in due eventi che hanno visto protagonisti per il nostro Gruppo Simone Mori, Head of European Affairs, e Daniele Agostini, Head of Low Carbon Policies and Carbon Regulation. Obiettivo condiviso è lavorare al collegamento fra policies regionali e nazionali per ridistribuire i risultati nella riduzione delle emissioni su tutti i livelli di un sistema cap-and-trade, in grado cioè di porre un limite alla quantità di inquinamento che una compagnia o un’azienda possono produrre.

Oggi esistono ben 6 diverse forme di regolamentazione applicate in Unione Europea, in Nuova Zelanda, negli Stati Uniti, in California, in Corea e in Cina, ma anche 12 diverse tipologie di tasse internazionali. Applicando l’articolo 6 dell’Accordo di Parigi sarebbe invece possibile rendere omogeneo lo scenario attuale mediante negoziazioni riferibili a principi condivisi. Occorre trovare un punto di equilibrio tra flessibilità delle regole e loro perfezionamento, evitando una distribuzione disomogenea degli impianti energetici.

 

Ammortizzatori contro gli effetti del cambiamento climatico

Gli sforzi per l’abbattimento delle emissioni e la loro regolamentazione non devono però trascurare l’impatto sulla forza lavoro proprio nella fase di transizione. Al tema è stato dedicato il business briefing “Just Transition”, organizzato dall’International Trade Unione Confederation, al quale ha partecipato Cristina Cofacci, Industrial Relations and Labour Law manager di Enel. Il nostro Gruppo considera infatti fondamentale il dialogo col territorio e la necessità di includere in un modello di economia circolare anche le risorse che lo sviluppo tecnologico ha reso ormai improduttive: il percorso di riconversione di 23 ex centrali in Italia, attraverso il progetto Futur-e, può rappresentare un punto di riferimento a livello internazionale per la capacità di generazione di nuove opportunità sociali e di lavoro. Per esempio attraverso investimenti a favore di progetti contro il cambiamento climatico, oggi finanziabili grazie all’emissione di green bond da parte della Banca europea degli investimenti (BEI), o con strumenti finanziari come il Warsaw International Mechanism for Loss and Damage per i Paesi colpiti dagli effetti del cambiamento climatico: istituito a COP19, reso finalmente operativo a Bonn, sarà al centro di una prima ricognizione a Katowice in Polonia, sede di COP24 nel 2018.

Nonostante lo sforzo di avvicinamento compiuto all’ultima Conferenza, diversi Paesi in via di sviluppo puntano a ottenere un impegno maggiore dei Paesi industrializzati. Tutti guardano al Global Stocktake del 2020, anno in cui i contributi nazionali volontari contro il cambiamento climatico saranno aggiornati al rialzo per raggiungere i termini fissati dall’Accordo di Parigi. Una svolta positiva potrebbe però arrivare prima, proprio a Katowice, dove il controllo dello stato di attuazione dell’Accordo coinvolgerà già tutti i Paesi firmatari: la rapidità con cui molti di essi hanno risposto alla sua adozione nel 2015 - con oltre 80 ratifiche ad appena un anno dal lancio - lascia ben sperare.