La globalizzazione delle rinnovabili

La globalizzazione delle rinnovabili

Dall’Africa alla Cina, la transizione energetica verso le rinnovabili è oggi in atto in tutto il mondo. Il punto della situazione al Berlin Energy Transition Dialogue 2018, con la partecipazione anche del CEO di Enel Francesco Starace

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Fino a non molti anni fa la transizione energetica era un concetto limitato alla dimensione tedesca, e pochi all’estero ne avevano sentito parlare. Oggi è una rivoluzione di portata mondiale. Le industrie delle energie pulite, viste all’inizio come costose e lente, oggi sono considerate competitive, dinamiche, sostenibili e creatrici di posti di lavoro.

È sintomatico che la parola tedesca “Energiewende”, cioè appunto “transizione energetica”, sia entrata nel vocabolario di molte lingue per fare compagnia ad altri termini tedeschi come Leitmotiv o Weltanschauung.

“Oggi il concetto tedesco della transizione energetica è stato esportato con successo in tutta Europa, e vorrei aggiungere anche nel resto del mondo”

– Maroš Šefčovič, Vicepresidente e Commissario per l’unione energetica della Commissione Europea

Per discutere degli scenari futuri un appuntamento fisso è quello organizzato a cadenza annuale nella capitale del Paese che è stato pioniere della rivoluzione.

La quarta edizione del Berlin Energy Transition Dialogue 2018 si è tenuta il 17 e 18 aprile scorsi nell’ambito della Berlin Energy Week, con la partecipazione di personalità di spicco del mondo dell’energia di tutto il mondo. Circa 2mila i partecipanti da oltre 90 Paesi, 30 ministri o segretari di Stato e più di 100 relatori di alto livello, fra i quali il CEO e General Manager di Enel Francesco Starace.

 

Chi vince?

Una delle tavole rotonde più importanti è stata quella intitolata “Energy Markets in Times of Transition”. Il mercato oggi guida l’affermazione delle rinnovabili, ha spiegato il CEO di Enel. La transizione è diretta cioè da ragioni di competitività, grazie anche all’impatto di due processi tecnologici: la digitalizzazione e i progressi della scienza dei materiali, sempre più efficienti, convenienti, robusti e duraturi.

La diffusione delle rinnovabili, poi, non favorisce solo il clima, ma determina il calo dei prezzi dell’elettricità e, di conseguenza, agevola l’elettrificazione di settori come i trasporti, il riscaldamento e la cucina, con benefici economici e ambientali per tutti.

Alla domanda su chi vince con la transizione energetica, la risposta è stata unanime: la società nel suo complesso. Stiamo assistendo quindi non solo a una transizione energetica, ma anche economica e sociale.

“Dobbiamo prestare maggiore attenzione alle reti e alla loro digitalizzazione. Se ce ne dimentichiamo non saremo in grado di portare avanti la transizione energetica vanificando tutti gli sforzi fatti finora”

– Francesco Starace, CEO e General Manager di Enel

A Francesco Starace ha fatto eco Cedrik Neike, membro del Managing Board di Siemens, secondo cui è urgente accelerare il processo di digitalizzazione dei network, soprattutto alla luce della decentralizzazione che caratterizzerà sempre di più lo scenario energetico.

 

La transizione nel mondo

Il panel ha offerto una panoramica della transizione energetica nel mondo dando spazio a quattro testimonianze esemplari provenienti da Cina, Giordania, Uganda e Norvegia: realtà completamente diverse fra loro ma accomunate dalle trasformazioni dei rispettivi sistemi energetici.

Baohua Liu, viceministro della National Energy Administration cinese, ha riferito che il presidente Xi Jinping si è impegnato in prima persona per lo sviluppo delle energie a basse emissioni di gas serra: l’obiettivo è di arrivare a uno scenario in cui le fonti non fossili totalizzino almeno il 15% del mix energetico entro il 2020 e il 20% entro il 2030; il traguardo è abbandonare del tutto il ricorso al carbone il prima possibile.

Molto diversa la situazione della Norvegia, contraddistinta da un paradosso: da un lato il Paese ha un surplus di energia rinnovabile (soprattutto grazie all’idroelettrico), dall’altro è un grande esportatore di gas e petrolio. Secondo Terje Søviknes, ministro del petrolio e dell’energia, non c’è però contraddizione: le fonti fossili oggi sono ancora insostituibili per esempio per l’aviazione, mentre il gas è un buon compromesso temporaneo per sostituire il carbone e ridurre le emissioni.

Saleh Al-Kharabsheh, ministro dell’energia e delle risorse minerarie della Giordania, ha raccontato la scoperta del sole come fonte pulita e abbondante in un Paese considerato tradizionalmente povero di risorse energetiche: l’obiettivo di arrivare entro il 2020 a coprire il 10% del fabbisogno elettrico con fonti rinnovabili – che nel 2007 sembrava troppo ambizioso – è stato facilmente superato: secondo le stime attuali la percentuale sarà del 25%. Merito anche dell’apertura del mercato e della nascita di partnership pubblico-privato.

Ricette simili per problemi diversi in Uganda, come ha spiegato Irene Muloni, ministro dell’energia e dello sviluppo minerario. Il problema energetico del Paese non riguarda la penetrazione delle fonti rinnovabili (che coprono il 90% del fabbisogno nazionale), ma la mancanza di accesso all’elettricità di una parte della popolazione, specialmente nelle zone rurali: la liberalizzazione del mercato sta agevolando la nascita di società locali per la generazione, la trasmissione e la distribuzione dell’elettricità.

Dall’Uganda arriva anche Lucia Bakulumpagi-Wamala, fondatrice e CEO di Bakulu Power, società di tecnologie per le rinnovabili protagonista della transizione energetica ugandese, nominata dalla rivista Forbes fra i 30 giovani imprenditori più promettenti di tutta l’Africa. Parlando nel panel introduttivo ai lavori della giornata del 17 aprile, ha spiegato che per l’elettrificazione, l’industrializzazione e in generale lo sviluppo sostenibile la parola chiave è inclusione. Inclusione delle donne, delle comunità locali, dei cittadini. L’applauso più lungo è stato per lei.